
Castel Porziano è la ventinovesima zona di Roma nell'Agro Romano, indicata con Z. XXIX. Il toponimo indica anche una frazione di Roma Capitale e la zona urbanistica 13X del Municipio Roma X (ex Municipio Roma XIII).
La zona è interamente adibita a riserva naturale nella quale si estende la Tenuta presidenziale di Castelporziano, una delle tre residenze ufficiali del presidente della Repubblica Italiana.
Si estende su una superficie di 60 Km2 (6039 ettari) comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta” e circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.
La Tenuta di Castelporziano racchiude parte di un vasto territorio anticamente conosciuto come Laurentino, dalla città di Lavinio - Laurento, legata alle vicende leggendarie dello sbarco di Enea nel Lazio, ed è compreso tra le propaggini dei Colli Albani, la pianura del delta Tiberino ed il mare.
Frequentato dall'uomo già in età preistorica, il territorio, a partire dalla prima età del Ferro (IX sec. a.C.), è occupato da insediamenti di tipo abitativo che dall'età arcaica (VIII - VI sec. a.C.) si stabilizzano con un progressivo processo di formazione urbana, collocandosi prevalentemente su rialzi collinari a controllo delle vie di comunicazione naturali, raggiungendo, come nel caso dell'abitato di Decima, notevole fioritura.
Con il consolidarsi della potenza di Roma (IV - III sec. a.C.) l'intero territorio laurentino si arricchisce di strutture edilizie di tipo rustico, ville e residenze utili all'organizzazione agricola del comprensorio, mentre si vanno delineando in forma definitiva i principali assi viari delle vie Laurentina e Ostiense.
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A partire dalla seconda guerra punica e, più intensamente, in età tardo repubblicana (II - I sec. a.C.) iniziano a svilupparsi, presso l'antica linea di costa, insediamenti marittimi costituiti da ville appartenenti a personaggi di spicco dell'aristocrazia romana, edificate in un territorio assai prossimo a Roma, già fortemente connotato dalla presenza della città di Ostia con il suo porto.

In età imperiale si intensifica l'edilizia residenziale di tipo signorile con l'edificazione di numerose ville, tra cui le fonti storiche ricordano quella di proprietà della famiglia imperiale e quella dello scrittore Plinio il Giovane.
Le ville, per ciò che concerne i servizi essenziali, si appoggiano ad un piccolo borgo, il Vicus Augustanus, sorto in età augustea ed attivo fino alla tarda antichità. Il complesso degli insediamenti costieri è messo in comunicazione con Roma attraverso un composito sistema viario costituito oltre che dalle vie Ostiense, Laurentina e dalle loro diramazioni, dalla Via Severiana, antico sentiero lungo costa che, unificato, funge da collegamento tra il sistema portuale Ostiense ed il Latium Vetus costiero.
Con la fine dell'Impero Romano il territorio passa tra i beni della Chiesa ed è noto fin dal V sec. d C. come proprietà della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al X sec. d.C. è databile la costruzione del primo centro fortificato sul luogo dell'attuale castello, mentre la proprietà risulta dei monaci di San Saba fino al 1561. Con la soppressione dell'abbazia di San Saba, per disposto di Papa Pio IV, il comprensorio di Castelporziano passa tra i beni dell'Ospedale di Santo Spirito.
Nel 1568 il possedimento è venduto alla famiglia fiorentina del Nero che ne conserva il possesso fino al 1823, anno in cui viene acquistata dal duca Vincenzo Grazioli; nel 1872 la Tenuta viene acquistata dal Ministro delle finanze Quintino Sella per lo Stato Italiano, al fine di destinarla a tenuta di caccia del Re.
Nel 1977 l’attività venatoria viene vietata e nel 1985 viene realizzata l’annessione dell’area di Capocotta, circa 1000 ettari, salvata dalla speculazione edilizia, e successivamente, nel 1999, la Tenuta viene riconosciuta Riserva Naturale dello Stato e assoggettata ad un regime di tutela secondo i criteri propri delle aree naturali protette.
L’ambiente naturale
A Castelporziano sono presenti la maggior parte degli ecosistemi costieri tipici dell’ambiente mediterraneo. Si incontrano, infatti, procedendo dal mare verso l’entroterra, un tratto di spiaggia ancora integra, dune recenti sabbiose con le tipiche piante pioniere e colonizzatrici che svolgono un’azione attiva di consolidamento delle sabbie, dune antiche stabilizzate con ampie zone umide retrodunali ed aree a macchia bassa ed alta con le tipiche specie sempreverdi ed aromatiche; di seguito si attraversa l’ambiente a lecceta, le pinete di pino domestico, il bosco misto planiziale (bosco misto di pianura) di querce (tipico delle pianure costiere), la sughereta, i pascoli per gli allevamenti del bestiame domestico e le aree per le coltivazioni estensive dei cereali.
La maggior parte dell’estensione è occupata dal bosco planiziale igrofilo (bosco di pianura legato ad ambienti umidi), caratterizzato dalla presenza di querce sempreverdi e caducifoglie e da specie più prettamente igrofile, in prossimità delle zone umide.
È questo uno degli ultimi lembi, ancora di elevata qualità ambientale, di quelle vaste foreste e dei boschi che un tempo, nell’antichità, si estendevano lungo tutta la costa laziale.
La particolarità di Castelporziano è soprattutto legata alla compenetrazione del querceto tipico del clima mediterraneo e del querceto tipico del clima continentale. Tra le querce sempreverdi sono ampiamente diffuse il leccio, la sughera e la quercia crenata, ibrido tra cerro e sughera. Tra le querce caducifoglie si segnala il cerro, la farnia ed il farnetto, mentre nelle zone umide più fresche si rinvengono il pioppo, il frassino ossifillo, l’acero, il carpino bianco e il carpino orientale tipico degli ambienti costieri mediterranei.

Il sottobosco è particolarmente ricco degli arbusti propri della macchia mediterranea con piante aromatiche e in prevalenza sempreverdi: corbezzolo, cisto, erica, ginepro, lentisco, mirto, fillirea, alloro, alaterno e ginestra.
Il bosco (misto planiziale), tra gli ecosistemi più delicati da tutelare, si estende per circa 2300 ettari, gli ambienti a macchia mediterranea, bassa ed alta, ricoprono una superficie di circa 500 ettari, la lecceta occupa un’area di 261 ettari soprattutto nella zona retrodunale e il bosco di sughera interessa un’area di circa 460 ettari. I boschi si alternano a radure e praterie naturali, costituendo associazioni vegetali di grande varietà ambientale.
Le pinete di pino domestico, realizzate con rimboschimenti artificiali, si estendono per circa 750 ettari con finalità di consolidamento delle dune sabbiose ed a protezione dai venti marini nell’area retrodunale, con caratteristiche produttive per la raccolta dei pinoli, con valenza naturalistica associata al leccio ed alla macchia mediterranea e con aspetto monumentale soprattutto per le pinete secolari. Il pino domestico, sebbene di introduzione artificiale, costituisce ormai un elemento fondamentale del paesaggio italiano, introdotto dagli antichi romani anche per la produzione di pinoli, che sono sempre stati oggetto di raccolta nel periodo invernale.
Negli ambienti meno accessibili la foresta è ricca di esemplari vetusti e di alberi monumentali. Un recente censimento ha individuato 29 alberi monumentali tra i più significativi per dimensioni e portamento, appartenenti a 7 specie diverse.
Dal punto di vista biologico ed ecosistemico sono di particolare interesse le “piscine”, specchi di acqua naturale che testimoniano l’antica presenza di ambienti umidi, di boschi allagati e di paludi che un tempo si estendevano a sud sino alla pianura pontina e a nord sino alla maremma.
Alla grande varietà della vegetazione corrisponde un’analoga ricchezza di specie animali.
I numerosi ungulati che vivono allo stato selvatico sono rappresentati principalmente da cinghiali, daini e caprioli, mentre è modesta la presenza del cervo. Insieme agli ungulati la foresta è popolata da numerosi altri mammiferi: la volpe, il riccio, fra i mustelidi la martora, la faina, la puzzola e il tasso, tra i roditori l’istrice e tra i lagomorfi la lepre italica e il coniglio selvatico.
Di particolare interesse zoologico vanno segnalati il cinghiale, che presenta una delle popolazioni più pure tra quelle originarie dell’Italia continentale, il capriolo attribuito alla sottospecie italica (originario del centro-sud Italia e riconosciuto come unità tassonomica distinta dal capriolo europeo) e la lepre italica.
La foresta di Castelporziano rappresenta anche un ottimo rifugio per numerose specie ornitiche, sia stanziali che migratorie. Il querceto centenario offre un ambiente idoneo per picchi di varie specie, ghiandaie e rapaci notturni come la civetta, l’allocco e il barbagianni; fra quelli diurni la poiana, il gheppio e lo sparviero. Fra gli uccelli di passo si segnalano molte specie svernanti come il colombaccio e la beccaccia e, attirati dalle zone umide, molti anatidi, limicoli e trampolieri, mentre nel periodo primaverile l’avifauna si arricchisce di altre specie come il rigogolo, la tortora, il nibbio bruno (nidificante con una colonia numerosa) e molte specie di insettivori.
A Castelporziano è attiva una stazione di inanellamento e analisi dell’avifauna migratoria finalizzata all’identificazione ed allo studio degli uccelli migratori.
Molto significativa è anche la presenza di alcuni rettili, tra cui la tartaruga palustre, alcuni anfibi, numerose specie di insetti e crostacei acquatici (tipici delle “piscine”), altri insetti legati al ciclo di decomposizione del legno morto (soprattutto grandi coleotteri associati agli alberi vetusti) o infeudati sulla vegetazione mediterranea e dei sistemi spiaggia-duna.

Gli allevamenti degli animali domestici costituiscono una componente rilevante del paesaggio tipico della campagna romana. Castelporziano, infatti, assicura la salvaguardia di equini e bovini di razza maremmana, quasi in via di estinzione, allevati allo stato brado ed accuditi da esperti butteri, secondo la tradizione secolare.
La selezione è assiduamente curata, tanto che gli esemplari della Tenuta spesso si classificano ai primi posti nelle principali esposizioni e rassegne di settore.
Le zone coltivate, storicamente lavorate ed indirizzate per assicurare dei raccolti intensivi, sono oggi considerate come parte integrante dell’ambiente e del paesaggio dell’agro romano. I 750 ettari riservati a pascolo e colture non intensive assicurano la produzione di cereali e foraggi, utilizzati per gli allevamenti zootecnici.
Nel corso degli ultimi anni si sono progressivamente intensificate le misure di salvaguardia, al fine di tutelare il valore naturalistico di questo unico vero polmone verde in un territorio densamente antropizzato ed urbanizzato, che ha assunto una rilevanza ambientale sempre crescente.
La Tenuta di Castelporziano, nata come riserva di caccia e riserva agricola, è andata progressivamente perdendo queste specifiche destinazioni.
Già nel 1977 l’attività venatoria è stata vietata, nel 1985 è stata realizzata l’annessione dell’area di Capocotta, circa 1000 ettari, salvata dalla speculazione edilizia, e successivamente, nel 1999, la Tenuta è stata riconosciuta Riserva Naturale dello Stato e assoggettata ad un regime di tutela secondo i criteri propri delle aree naturali protette. In linea con questi obiettivi, è stato realizzato un Museo Naturalistico per favorire gli approfondimenti della didattica e dell’educazione ambientale.
Al fine di tutelare con la massima attenzione i delicati equilibri degli ecosistemi naturali, è stata istituita una Commissione Tecnico Scientifica, della quale sono state chiamati a far parte esperti del mondo accademico e scientifico, con l’incarico di formulare indicazioni e proposte volte a garantire una corretta ed equilibrata gestione del comprensorio.
Già dal 1995 è stato attivato un programma di monitoraggio ambientale, che, con la partecipazione e l’impegno di numerosi enti ed istituti scientifici, consente di monitorare costantemente alcuni parametri ambientali. Vengono rilevati gli agenti inquinanti, la consistenza organica dei suoli, i livelli della falda freatica, le caratteristiche delle acque sotterranee e della salinità, lo stato di conservazione del patrimonio forestale, la consistenza delle popolazioni faunistiche, con censimenti primaverili ed autunnali, anche registrando attraverso le stazioni meteorologiche i valori termo-pluviometrici in relazione ai cambiamenti climatici.
Castelporziano viene segnalata dal mondo scientifico come un’area unica di elevato valore naturalistico per l’alto livello di biodiversità, in considerazione della complessità degli ecosistemi forestali, della notevole ricchezza floristica (circa 1000 specie) e faunistica (oltre 3000 specie) e della presenza delle piscine naturali, ambienti umidi temporanei e permanenti. Tale ricchezza biologica e la presenza di numerose specie e habitat di interesse comunitario hanno consentito l’inserimento di Castelporziano nella rete Natura 2000, definita dalle direttive comunitarie, attraverso l’individuazione di aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zona di Protezione Speciale).
Fonte: palazzo.quirinale.it - Ultimo aggiornamento novembre 2017